Sulla Divina Comunione frequente: enciclica patriarcale del 1819

 Nel mondo ortodosso tradizionalista c'è una certa falsa tradizione che impone ai fedeli di non comunicarsi spesso, ma ogni 40 giorni, o addirittura una volta l'anno, impedendo ai cristiani di santificarsi nelle feste e nelle solennità del calendario ecclesiastico. Questa pratica non è solo anti-tradizionale, ma è proprio anti spirituale. E anche se abbiamo già affrontato questo discorso negli anni passati, propongo oggi la traduzione di una enciclica patriarcale del 1819, di Gregorio V, patriarca di Costantinopoli, che ha affrontato proprio problema, già all'epoca ben ramificato. La lettera è diretta alle comunità della Sacra Montagna, ma è valida per ogni parrocchia del mondo.


IO GREGORIO, QUINTO DEL MIO NOME, 

PER GRAZIA DI DIO PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI


Reverendi abati, monaci, ieromonaci, epistasi (rettori) e novizi del Santo Monte Athos, e voi tutti padri e fratelli che vivete nelle grotte, nelle spelonche della terra e in romitaggi, cari figli nel Signore, invoco pace e gioia nel Signore Gesù Cristo a tutti voi.

Anni fa, al tempo del mio secondo mandato patriarcale (1) già emanai un decreto patriarcale (Tomos) per estirpare definitivamente i litigi e le tremende lotte intestine fra i padri e i sacerdoti di queste comunità, desiderando eliminare lo scandalo provocato dalla presenza di satana fra voi e invitandovi ad una condotta monastica irreprensibile per guadagno della vostra anima. 

Non so come, ma pare che il maligno ancora si sia insinuato fra voi, e anche i più retti e colti fra voi disputano sulle colive, sulle offerte e su altre materie, risorgendo in voi quella polemica vecchia e marcia, forse a causa della vanagloria. E queste polemiche colpiscono anche gli uomini incolti, imperfetti nei dogmi della Chiesa. Taluni osano proclamare come canone o dogma la comunione all'Eucarestia divina, al Corpo e al Sangue del Signore, solo una volta ogni quaranta giorni, e osano dichiarare impuro chi si avvicina al calice sacro prima o dopo il completamento del ciclo quarantino. 

Prendendo quindi coscienza di queste pusillanimi e sataniche disposizioni, desiderando noi frenare con ogni mezzo questa insulsa idea diabolica, con zelo annuncio a tutta la Chiesa che queste idee sono illecite, non spirituali e anche eretiche. Paternamente e con benedizione archieratica vi comando di purificarvi da questo errore e di combattere con ogni mezzo il diffondersi di questa perniciosa pratica, ritornando alla dottrina dei Padri. In merito alle colive, vi esortiamo ad accettare e a celebrare gli offici per i defunti non solo il sabato, ma anche il lunedì, il mercoledì, e ogni giorno in cui le persone condurranno a voi le offerte votive: tale prassi, come già scritta nel precedente Tomos, è degna di rispetto e non accusabile. 

Riguardo alla Divina Eucarestia, sappiate che ai fedeli è permesso di accostarsi al calice ogni volta che partecipano alla Liturgia, giacché il sacerdote - come da disposizione dei divini Padri - intima dicendo: "con timor di Dio e con fede, avvicinatevi!". La Chiesa, notando l'impreparazione spirituale dei suoi membri, ha posto poi la condizione che il cristiano si comunichi dopo aver ricevuto l'assoluzione in confessione, affinché, ottenuta la purificazione divina e santa, sia considerato degno di accostarsi ai Divini Misteri. Ricordiamoci che il fedele può ricevere il Corpo e il Sangue del Signore Gesù Cristo anche ogni giorno della settimana, se il suo confessore lo benedice e lo ritiene degno di ciò. Nessun canone apostolico e nessun decreto successivo difatti impongono dei limiti. Nessuno può obbligare un pio cristiano a non prendere la comunione per quaranta giorni. 

Vi scrivo queste cose per esortatvi quindi tutti a ritornare in voi stessi e ad astenervi da tali pratiche contrarie alla ragione, e ad evitare questi futili battichecchi satanici, il cui frutto è la morte dell'anima. 

Ancora vi dico che sbaglia chi non accetta colive e offerte durante i giorni della settimana, o chi pretende che si faccia solo di sabato, e sbagliano anche quei sacerdoti che offrono le preghiere per i morti di domenica, sperando che - a causa del giorno più frequentato - ricevano offerte maggiori. E sulla Comunione ogni quaranta giorni mi sono pronunciato a sufficienza: vi confermo che coloro che continueranno in questi errori saranno scomunicati e una grande ira divina cadrà su di loro, tale che nemmeno nei suoi incubi avrà cotanta paura e tristezza. Prendete quindi nota, voi zelanti e obbedienti nel Signore, di quanto vi scriviamo, affinché diffondiate ovunque la buona pratica e lasciate quella nefanda. 

Siate sani e benedetti nel Signore.

+ Gregorio V, patriarca ecumenico

L'enciclica è tradotta dal libro Din Împărtășirea continuă cu Sfintele Tainep. 376-379. a cura di diac. Ioan I. Ică, pubblicato nel 2006, ed. Deisis. 

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NOTE

1) al tempo della Turcocrazia, non era inusitato che un patriarca venisse deposto e poi rieletto se questi non era gradito dalla Corte o dal sultano. Giochi politici fra la comunità ellena e il sultanato comportavano spesso rapide successioni e recessioni di patriarchi e vescovi, con svariati patriarchi che furono eletti, deposti e rieletti più volte nel corso dei quattrocento anni dell'Impero Ottomano. 

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