Santa Cristina vergine e martire

Oggi 24 luglio / 6 agosto la santa Chiesa Ortodossa commemora la fanciulla martire Cristina di Bolsena, vicino Roma. 

Al tempo dell’imperatore Diocleziano (243-312) la fanciulla di nome Cristina, figlia del “magister militum” di Bolsena, Urbano, era stata rinchiusa dal padre insieme con altre dodici fanciulle, in una torre affinché venerasse i simulacri degli dei come se fosse una vestale. Ma l’undicenne Cristina in cuor suo aveva già conosciuto ed aderito alla fede cristiana, si rifiutò di venerare le statue e dopo una visione di angeli le spezzò. Invano supplicata di tornare al culto degli idoli, fu arrestata e flagellata dal padre magistrato, che poi la deferì al suo tribunale che la condannò ad una serie di supplizi, tra cui quello della ruota sotto la quale ardevano le fiamme.

Dopo di ciò fu ricondotta in carcere piena di lividi e piaghe; qui la giovane Cristina venne consolata e guarita miracolosamente da tre angeli scesi dal cielo. Risultato vano anche questo tentativo, lo snaturato ed ostinato padre la condannò all’annegamento, facendola gettare nel lago di Bolsena con una mola legata al collo. Prodigiosamente la grossa pietra si mise a galleggiare invece di andare a fondo e riportò alla riva la fanciulla, la quale calpestando la pietra una volta giunta, lasciò impresse le impronte dei suoi piedi; questa pietra fu poi trasformata in altare. 

Di fronte a questo miracolo, il padre scosso e affranto morì, ma le pene di Cristina non finirono, perché il successore di Urbano, il magistrato Dione, infierì ancora di più. La fece flagellare ma inutilmente, poi gettare in una caldaia bollente piena di pece, resina e olio, da cui Cristina uscì incolume, la fece tagliare i capelli e trascinare nuda per le strade della cittadina lagunare, infine trascinatala nel tempio di Apollo, gli intimò di adorare il dio, ma la fanciulla con uno sguardo fulminante fece cadere l’idolo riducendolo in polvere.

Anche Dione morì e fu sostituito dal magistrato Giuliano, che seguendo i suoi predecessori continuò l’ostinata opera d’intimidazione di Cristina, gettandola in una fornace da cui uscì ancora una volta illesa; questa fornace chiamata dal bolsenesi “Fornacella”, si trova a circa due chilometri a sud della città; in un appezzamento di terreno situato fra la Cassia e il lago, nel Medioevo fu inglobata in un oratorio campestre.

Cristina fu indomabile nella sua fede, allora Giuliano la espose ai morsi dei serpenti, portati da un serparo marsicano, ma i serpenti si rifiutarono di morderla. Il Signore, compiaciuto di aver fatto tanti miracoli tramite la sua dolce e giovanissima ancella, alla fine la liberò dalel sofferenze e per la sua gloria la fece morire quando un arcere la colpì con una freccia durante l'ultimo supplizio.

La giovanissima fanciulla, raggiante di luce, fu accolta dagli Angeli in Cielo e ora canta le lodi al suo Creatore e Salvatore insieme con i martiri. 

Tropario di santa Cristina, tono IV

La tua agnella Cristina, o Gesù, ti invoca a gran voce: te, mio Sposo, io desidero: bramando te io combatto; con te mi crocifiggo e mi immolo nel tuo battesimo. E soffro con te per poter con te regnare; per te muoio onde vivere in te. Accetta quindi o Signore, quale ostia pura colei che per te si sacrifica. Per la sua intercessione, o Misericordioso, salva le nostre anime. 

Contacio di santa Cristina, tono IV

Ti sei manifestata come una colomba candida dalle ali d'oro, o Cristina benedetta, destreggiandoti nelle altitudini dello Spirito.  E a noi che veneriamo le tue reliquie e festeggiamo la tua memoria, o beata martire, concedi la salute del corpo e dello spirito.

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