I flabelli e il loro uso liturgico

Dal sito del monastero di sant'Elisabetta a Minsk, un articolo sull'uso liturgico dei flabelli nella tradizione ortodossa.

Nelle grandi chiese, nelle cattedrali, nei monasteri e nelle parrocchie con particolare attenzione liturgica possiamo spesso trovare degli oggetti che somigliano a dei ventagli, di solito di argento o dorati, posizionati ai lati del trono dell'altare. Cosa sono? sono i flabelli liturgici. 

Il flabello (gr. Ριπίδιον) è un oggetto antichissimo, già usato in Egitto da almeno duemila anni prima della nascita di Cristo, per rinfrescare il faraone e gli alti dignitari della corte durante il giorno. Era costituito da una asta sulla quale sono legate delle piume di pavone o, meno comunemente, di struzzo. Non sappiamo con certezza quando sono entrati in uso nel Cristianesimo i flabelli per il culto pubbico, ma siamo sicuri che nelle Costituzioni Apostoliche, redatte nel IV secolo, sono già menzionati: il diacono si ritrovi sul lato dell'altare con un flabello, e lo muova delicatamente rivolto alla santa mensa, affinché gli insetti non cadano nel calice. [Libro VIII, 12]


Un ipodiacono col flabello alla Lavra di Kiev

 Dal VII al IX secolo inizia a formarsi l'idea che il flabello abbia un senso simbolico e viene legato al mondo angelico: così come gli angeli scacciano gli spiriti impuri dall'altare, così i diaconi, agitando i flabelli, scacciano gli insetti e le mosche dal santo calice. San Fozio di Costantinopoli (+891) scrive che i diaconi coi flabelli prendono il ruolo dei Serafini dalle sei ali, distraendo col loro movimento i fedeli dalle cose visibili, per muovere gli animi verso le realtà celesti. 

Fino al IX secolo i flabelli rimasero nella loro forma originale per poi essere trasformati e prodotti in oreficeria, abbandonando la forma originaria.Gli unici flabelli con piume di pavone o struzzo rimangono nell'uso papale per la processione che scorta il  pontefice romano, tradizione che terminò solo dopo il Concilio Vaticano II, negli anni Settanta del secolo scorso. Nel XIV secolo a Costantinopoli, invece, così come in tutto il mondo ortodosso, i flabelli rimangono e anzi acquisiscono nuovi profondi significati. La definitiva definizione simbolica del flabello è di san Simeone di Tessalonica (+1429) il quale nel suo Commento alla Liturgia scrive che il diacono viene ordinato dandogli un flabello, perché il suo lavoro è di tipo angelico. 

Al giorno d'oggi è raro, al di fuori dell'ordinazione, vedere i diaconi utilizzare i flabelli. Sono più comunemente utilizzati nelle processioni al Grande Ingresso quando vi sono molti accoliti, oppure durante la lettura del Vangelo, in luogo delle candele. E' buona norma mantenere almeno l'uso comune per questi momenti, al fine di non perdere un oggetto liturgico e anzi, coinvolgere i fedeli nella comprensione simbolica della Divina Liturgia. 

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