La riforma liturgica del patriarca Costantino V e Giorgio Violakis


 Abbiamo una volta accennato, in questo articolo sui riti della Settimana Santa nel rito bizantino, il nome di Giorgio Violakis, responsabile della riforma liturgica del XIX secolo che ha modificato il Tipico della Chiesa di Costantinopoli. In questo articolo, invece, andremo ad affrontare in modo più profondo la genesi e gli sviluppi della riforma liturgica del 1838, successivamente ritoccata nel 1888. 

In foto, il patriarca Costantino V da wikipedia

Il patriarca ecumenico Costantino V (1833-1914) seppe che la frequentazione degli uffici divini da parte del popolo era diminuita. Anche il Re di Grecia, d'origine tedesca, non era favorevole ad una liturgia troppo lunga (da convertito forzato per ottenere il trono, la trovava stancante). Vi era in generale un'aria di innovazione nei circoli culturali ellenofoni del XIX secolo. Il patriarca si sentì chiamato dunque a pilotare questo rinnovamento dell'ecumene elleno e prese su di sé il giogo della riforma. Insieme con l'arci-cantore Giorgio Sifnios Violakis (+1905), cui fu affidato l'arduo compito di "rivedere il Tipico", Costantino V decise di benedire un cambiamento non tanto nelle ufficiature e nei riti, quanto nella pratica musicale, che tuttavia toccò ben presto anche l'aspetto cultuale. 

Si possono sintetizzare le riforme del 1888 con alcuni punti cardinali che sono: 

a) L'uso di melodie meno ornate e più brevi rispetto ai canti bizantini antichi, composti in epoca medievale. Questo fu il motivo principale della riforma, volta ad "accorciare i tempi" delle celebrazioni. Violakis lavorò soprattutto su questo. Nel 1882, il patriarca Costantino V disse che era da evitare l'uso della polifonia occidentale, in quanto solo la monodìa era degna di essere usata per il culto divino. Allo stesso tempo, chiese ai compilatori del nuovo Tipico di evitare melodie orientaleggianti, mutuate dagli influssi ottomani. La semplificazione musicale tuttavia andò di pari passo con un certo elitismo accademico, visto lo studio di codici e manoscritti antichi di difficile interpretazione, che misero a dura prova i riformatori. Alcuni infatti pretendevano di usare solo melodie molto arcaiche, di difficile comprensione, visto che si era perso il metodo di lettura della notazione. Fu soltanto nel 1898 che l'Accademia Filologica di Istambul pubblicò il Manuale di lettura del Canto Antico (Κλεις της αρχαίας γραφικής μεθόδου) un lavoro trentennale, tramite il quale fu resa accessibile la notazione medievale ai neofiti. 

b) La riforma delle antifone alla divina liturgia eucaristica. Seguendo alcune prassi già in vigore nell'ultimo secolo precedente la riforma, prassi con la quale nel mondo ortodosso "ottomano" si era già iniziato ad abbreviare le antifone, Violakis portò ufficialmente a compimento la cosa, inserendo nel Tipico le antifone brevi attualmente in uso nella Chiesa greca, in luogo dei salmi tipici (102, 145, Beatitudini). Le nuove antifone sono brevi invocazioni alle due prime antifone, mentre all'ingresso si canta il tropario del giorno. Alcuni usi medievali greci e italo-greci vedevano l'impiego di antifone prese da altri salmi, come il 91, 92, e antifone proprie per le feste. Questi furono, in alcuni casi, mantenuti, come testimonia la traduzione della liturgia greca di padre Sebastiano Nicocavura in italiano nel lontano 1890, a Venezia. Nel testo dell'archimandrita Sebastiano, prodotto per la comunità greca di Venezia, compaiono le antifone "semi-riformate": i versetti 1,2 e 4 del salmo 91; alcuni versetti del salmo 92 ai feriali, ma in nota dice di "eseguire il salmo 145" alle domeniche. Come terza antifona ai feriali, mette alcuni versetti del salmo 94, ma ricorda di cantare le Beatitudini di domenica. Inoltre, con la riforma, fu di fatto eliminata l'ectenia insistente dopo il Vangelo e le varie litanie prima dell'Inno Cherubico, così da "snellire" la liturgia. 

C) Eliminazione o limitazione dei Kratima(ta) durante le antifone, i tropari, i contaci e gli inni di comunione o Kinonikon. Per kratima si intende uno speciale genere di melodia composto da ripetute sillabe senza senso, come il terirém, il tititi e altre simili, che vengono usate per allungare l'inno durante alcuni momenti del rituale. Nella visione di Violakis, questo genere di manierismo doveva essere evitato, anche perché è una influenza del canto ottomano terennum, particolarmente penetrato nelle culture ortodosse sotto dominio ottomano. Il patriarca chiese a Violakis di "eliminare i kratimata ma senza danneggiare le melodie originali" [1]. Si capisce il tentativo di eliminare le influenze ottomane, "orientali", dal culto ortodosso. Chiaramente una riforma ideologica volta al ritorno di una supposta purezza del canto liturgico. L'ideale era sicuramente la composizione di Michele Psello del XV secolo, anch'egli munito di melodie piuttosto complesse e lunghe. Curiosamente, questa maniera di esecuzione particolare, il terirèm, è tornata in voga negli ultimi anni con le performances del padre Nicodimo Kabarnos, famose grazie alla diffusione su Youtube. 

D) La riforma del Mattutino. Oltre alla prassi di eliminare i catismi al Vespro feriale, forse la più infelice delle influenze delle riforme di Violakis tocca proprio lo svolgimento del rito del Mattutino.  La lettura del Vangelo aurorale delle domeniche è spostata dopo il sinassario all'Ode VIII, sconvolgendo così la sinassi che si vede inserire il canto resurrezionale e il salmo 50 interrompendo il corso del Canone. Inoltre, come ci fa notare il vescovo Kallistos Ware: le catavasie vengono fatte cantare da Violakis tutte alla fine dell'ottava ode, e non ciascuna al suo punto ordinario; il Nono Cantico è quindi separato da tutto il resto del Canone e le odi veterotestamentarie sono soppresse. Queste riforme minano davvero il corretto e sereno svolgimento del mattutino. [2]. 

Abbiamo citato anche la Riforma della Settimana Santa con lo spostamento e l'accorciamento di vai riti, rimandiamo al link di cui sopra. 

Le Chiese nell'orbita del Patriarcato Ecumenico hanno tutte adottato il nuovo Tipico del 1888.. 

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FONTI

Στοιχειώδης Διδασκαλία της Εκκλησιαστικής Μουσικής εκπονηθείσα επι τη βάσει του Ψαλτηρίου (Basic Instruction of Ecclesiastical Music based on the Psalterion), [Constantinople, Patriarchal Press, 1888], Athens, Koultoura, 1999.

“Η Εν Κοντοσκαλίω της Κωνσταντινουπόλεως Θρησκευτική Κίνησις” (Religious movement in Kontoskali in Constantinople), Ανάπλασις, year: 1, 1897, p.47.

1) “Θεοτόκε Παρθένε Πενταπλούν”, Εκκλησιαστική Αλήθεια, no. 27, 26 June 1898.

2) The Festal Menaion - Tr. Mother Mary and Archimandrite Kallistos Ware, Faber and Faber, London, 1984, nota a p. 543.

Una versione bilingue greco-inglese cerca di proporre in formato virtuale il Tipico di Violakis a questo sito.

L'arrangiamento in italiano del padre Sebastiano Nicocavura si può scaricare gratuitamente dal sito dell'arcidiocesi greca d'Italia e Malta a questo link. La traduzione è pregevole, in italiano arcaizzante e manzoniano, con un piccolo catechismo in allegato. Davvero una piacevole lettura. 

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