Storia del Sacerdozio nella Chiesa Ortodossa

 Dopo aver letto dell'origine storica del diaconato, veniamo oggi a conoscere i rudimenti della formazione del presbiterato nella Chiesa Ortodossa. Il sacerdote (lat. sacerdos, gr. πρεσβύτερος, anziano) è colui che, sotto mandato del Vescovo, compie la sacra liturgia eucaristica e gli altri Misteri e Sacramenti della Chiesa. Contrariamente al diacono, il quale come abbiamo visto non compie alcuna azione liturgica in autonomia, il sacerdote può celebrare la Liturgia e gli altri sacramenti perché benedetto dal Vescovo espressamente per questo scopo. Il Vescovo è il successore degli Apostoli, e il sacerdote è il collaboratore del vescovo, suo figlio spirituale e suo incaricato nel vegliare sul gregge insieme con lui. Questo è il mistero e ministero specifico del sacerdote, fondamentale per la comunità cristiana. 

Il sacerdozio cristiano nasce dalla fusione del sacerdozio giudaico e di quello istituito da Cristo stesso tramite il Nuovo Testamento. Il Signore Dio comanda l'esistenza del sacerdozio - dell'intermediazione fra il popolo e Lui - con il comandamento dato ad Aronne tramite Mosè. Ben prima del Profeta Mosè, Abramo, il padre dell'umanità, compiva sacrifici animali e costruiva altari per la venerazione di Dio (cfr. Gen 12,7 e Gen 22,13). Con la benedizione di Aronne e della sua discendenza, il Signore si assicurò che il suo culto venisse preservato con rituali ben precisi da svolgersi nel tempio, i quali saranno poi la base della ritualità della Chiesa, la Nuova Israele. 


Nel Vangelo, la nascita del sacramento eucaristico è vista anche come la nascita del sacerdozio cristiano, in quanto i discepoli del Redentore ottengono da Lui stesso la potestà di compiere l'incruento sacrificio: 

Poi [Gesù] prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me (Luca 22:19). 

Questa offerta di pane e vino completa la prima offerta gradita a Dio, quella vista da Abramo compiersi nelle mani del sacerdote cananeo Melkisedech (Gen 14,18). L'Antico Testamento viene compreso e completato dal Nuovo Testamento lasciato dal Signore Gesù Cristo. Nel sacerdozio cristiano si somma il sacrificio di lode e di incenso dell'Antica Legge, quello che si compiva al mattino, al meriggio e alla sera (cfr Deuteronomio 33:8-11), ancora oggi compiuto tramite le Sette Lodi Quotidiane (Vespro, Mattutino, etc.) e il sacrificio eucaristico del Signore Gesù Cristo. Inoltre, i sacerdoti compiono tutti gli altri Misteri svelati dal Salvatore: il Battesimo, la Cresima, il Matrimonio, la Confessione, l'Unzione degli infermi. L'Ordine Sacro, invece, è compiuto solo dal Vescovo, il quale assume su di sé la potestà del Sommo Sacerdozio del tempio e il potere apostolico di imporre le mani (cfr. Atti 6:6). Il sacerdote riveste anche una funzione di insegnamento, poiché è reso capace di insegnare i precetti di Dio e di trasmettere l’insieme delle istruzioni divine (Dt 33).

I vangeli sottolineano il carattere sacrificale della morte di Gesù, mettendola in relazione con l’immolazione dell’agnello pasquale. Il vocabolario usato per annunciare la sua morte e risurrezione è prettamente cultuale e sacrificale. San Paolo: “È stata immolata la nostra Pasqua: Cristo!” (1Cor 5, 7); “Gesù Cristo, Dio lo ha esposto pubblicamente come propiziatorio, per mezzo della fede, nel suo sangue” (Rm 3, 25). Se dunque Cristo è la vittima, qual è il suo rapporto con il sacerdozio? Nel sacerdozio antico, come abbiamo visto, vittima e sacerdote erano necessariamente distinti. “Senza spargimento di sangue non avviene la remissione” (Eb 9, 22). La lettera agli Ebrei dimostra che Cristo è stato non solo la vittima sacrificale, ma anche il Sommo Sacerdote e che egli conserva questa posizione in eterno. 

La prima lettera di Pietro applica alla comunità dei credenti un titolo sacerdotale, dedotto dalla traduzione greca di Es 19, 6: “voi sarete per me un regno di sacerdoti”. Il lemma usato è il  nome collettivo ἱεράτευμα che significa organismo sacerdotale (1Pt 2, 5). Pietro con questo collettivo indica la Chiesa, quale organismo ben strutturato, fatto di “pietre vive” che unite a Cristo, “pietra angolare” sono capaci di offrire sacrifici spirituali graditi a Dio (1Pt 2, 5. 9). Negli Atti (Atti 14:23) l'Apostolo Paolo ordina alcuni presbiteri. Sempre negli Atti (11:30 e 15:22) si vede chiaramente un sistema di governo collegiale della Chiesa, quindi si conferma la presenza non solo degli Apostoli nella loro funzione episcopale, ma anche degli altri uomini scelti per guidare assieme a loro la comunità.   


L'Incruento Sacrificio

Già sant'Ignazio di Antiochia, al principio del II secolo, parla chiaramente di sacerdoti e diaconi come uffici distinti da quello di vescovo. I sacerdoti sono una realtà cultuale definita da tutte le fonti dei primi secoli, non solo patristiche, ma anche agiografiche, come le varie Passiones dei martiri, nelle quali compaiono nomi di sacerdoti e di diaconi. I sacerdoti, uomini probi della comunità, vengono ordinati per aiutare il vescovo nella gestione delle nuove parrocchie quando le comunità cristiane si ampliano notevolmente dopo la riforma costantiniana del IV secolo. Il loro ruolo cresce esponenzialmente con la Chiesa. Già dal IV secolo nascono i primi canoni ecclesiastici volti alla definizione dei compiti e dei diritti dei vari ranghi del clero. A causa della moltitudine di canoni espressi dalla Chiesa Medievale, non ce la sentiamo di elencarli tutti - sarebbe prolisso - ma ci dedicheremo all'analisi del fenomeno sociale del sacerdozio. 

La prassi antica e medievale nella Chiesa Ortodossa per la nomina di un sacerdote era la seguente. Il candidato trovava una chiesa nella quale si necessitava di un presbitero, e poi sottoponeva la sua richiesta al vescovo del luogo. Solitamente, il candidato era già un Lettore o un Suddiacono. Il vescovo e il consiglio parrocchiale discutevano assieme al candidato della sua posizione, veniva poi ordinato diacono - se tutto andava bene - e serviva presso la cattedrale per un periodo di tempo nel quale veniva formato, di solito un anno, dopodiché veniva spedito nella parrocchia presso la quale aveva giurato obbedienza. Si nota come quindi la comunità locale avesse un potere reale e coercitivo sul sacerdote. Poiché la Chiesa non pagava lo stipendio ai sacerdoti vaganti, senza assegnazione, la speranza di molti di questi giovani preti era quella di servire (da sposati) presso un grande monastero o nelle cattedrali, campando della ridistribuzione delle offerte. Ma, appena possibile, si cercava una parrocchia. Il clero divenne parte sociale integrante delle comunità rurali e urbane dei paesi cristiani, e spesso vescovi e abati facevano parte della corte di un sovrano o di un feudatario. 

Un problema non da poco, nell'Ortodossia tardo-medievale, era rappresentato dai preti fuggitivi. Con questo lemma si indicano generalmente quei chierici sposati due volte, o monaci che hanno lasciato il monastero per sposarsi, o altri chierici con irregolarità, che lasciavano una diocesi e si presentavano ad un vescovo di una eparchia lontana per essere riordinati, presentandosi come nuovi ai ranghi clericali. Questo comportamento irresponsabile è tipico del clero, specialmente russo, fra il XV e il XVI secolo, tant'è che viene menzionata la "piaga dei preti fuggitivi" proprio al Concilio detto "dello Stoglav" del 1551 a Mosca, con gravi sanzioni canoniche a quanti sono colti in flagrante. L'Ortodossia greca e balcanica, sotto la Turcocrazia, avrà purtroppo problemi analoghi di irregolarità e corruzione. 

 In Russia, dal X al XVII secolo i sacerdoti venivano eletti dalla parrocchia e confermati dal Vescovo, come riporta il concilio di Mosca del 1551, ma questo è in realtà un dato tradizionale comune a tutto il mondo cristiano fino al XII secolo. Vi era anche una regola non scritta, ovvero il "diritto di insediamento" quando un uomo si costruiva una chiesa coi propri fondi e poteva così reclamare il diritto ad essere ordinato sacerdote. Questa prassi era generalmente accettata nell'Ortodossia almeno fino a tempi molto recenti. E' dal 1700 che notiamo, per le fonti russe, una sempre maggiore indisciplina nella Chiesa. La formazione seminariale e la scelta del clero secondo uno schema burocratico prende il posto dell'elezione dal basso almeno dalla prima metà del XVIII secolo. Secondo gli studi più recenti [1] il clero russo post-medievale versava in condizioni piuttosto povere dal punto di vista culturale. Le informazioni che riceviamo dai commentatori esterni sono di carattere polemico, mostrando un clero illetterato e poco incline sia al servizio divino, sia alla cura pastorale. Tuttavia, i sacerdoti del XVIII secolo in Russia si fanno carico della difesa delle vecchie leggi a tutela dei terreni comuni contro la burocratizzazione del Paese, e questo attirò la simpatia del popolo verso il clero bianco, spesso abbandonato dagli stessi vescovi che dovrebbero prendersene cura. Secondo un rapporto del 1903, un sacerdote sposato riceveva 80 rubli come stipendio mensile (approssimativamente 150 euro di oggi), i quali erano ovviamente insufficienti per le spese della famiglia. Il clero viveva delle offerte del villaggio. Per questo, poiché il popolo preferiva frequentare, quando possibile, i monasteri, spesso il clero rurale versava in condizioni di pesante povertà.  E' ragionevole ritenere che il clero dei paesi sotto occupazione ottomana (Grecia, Serbia, Bulgaria, l'Oriente) vivesse una condizione simile, se non ancor più precaria dovuta alla disparità di diritti sociali sotto l'egida del sultano. Dal XVII secolo il clero e i vescovi stipulano, al momento dell'ordinazione, un contratto giuridico (izliub) coi relativi obblighi e diritti, firmato da entrambi, nei quali si promette, fra le altre cose, eterna fedeltà all'eparca. Questo formulario è ancora oggi presentato alle ordinazioni sacerdotali in Russia e in Romania. Nei contratti del XVIII e XIX secolo, compaiono spesso anche i tariffari per i sacramenti descritti con cura maniacale, perché i fedeli spesso si lamentavano delle offerte, eccessivamente esose, pretese dai parroci. Negli izliub del XVIII secolo si presta molta attenzione ad un fatto per noi curioso: il sacerdote deve mantenere vive le tradizioni locali del villaggio o della città in cui presta servizio. Processioni, uffici religiosi particolari, costumi liturgici locali sono così preservati "obbligatoriamente". Secondo i documenti del sinodo russo del 1721, il prete deve tuttavia non prestare orecchio alle "superstizioni locali" ma solo agli usi e costumi, non sempre ben distinti e definiti. Nell'Ucraina del 1700, è costume ormai che i sacerdoti siano eletti solo fra i figli di sacerdoti, generando non solo un imbuto sociale, ma anche tensioni fra le varie classi sociali che aspirano al ruolo [2]. Solamente dal 1750 in ogni diocesi dell'Impero Russo è stato costruito un seminario, ma la frequentazione delle scuole teologiche era piuttosto bassa, tant'è che fu presto emanato un decreto imperiale di obbligo di istruzione per il clero [3]. Questi difetti vennero seriamente analizzati per volontà imperiale solamente al Sinodo di Mosca del 1917, il quale propose diverse soluzioni pastorali anche di grande attualità, ma che furono mai attuate a causa del golpe bolscevico. Alcune intuizioni moderne furono poi prese in mano dalla "Chiesa Rinnovata" (sotto i comunisti) la quale le travisò e iniziò ampie riforme moderniste che resero invise le novità previste dal concilio alla Chiesa patriarcale ricostruita con la caduta del comunismo. 

Dalla vita di san Cosma d'Etolia (+1779) sappiamo che anche la Grecia e i Balcani versavano in un grave degrado pastorale, sociale e spirituale: l'intera vita del santo è un tentativo di alfabetizzare ed educare i giovani alla religione ortodossa che andavano perdendo, e termina prematuramente a causa del martirio. La Chiesa Greca, così come quelle Serba, Bulgara e Romena, si vedono costantemente in bilico fra la sopravvivenza sotto il governo turco e sentimenti nazionalisti. In queste Chiese nasce ben presto un atteggiamento di conservatorismo storico che cerca di conciliare la dominazione presente coi fasti di una età d'oro ormai sbiadita. Per esempio, i canti bizantini furono traslati su notazione occidentale solamente nel 1877 per la prima volta dalla Accademia Letteraria Greca (Ελληνικός Φιλολογικός Σύλλογος) ma solo perché, in tutto l'ecumene di quello che era stato l'Impero Ottomano, i musicisti erano nel pieno di una riforma dell'insegnamento musicale e fu preteso, diciamo, dalle accademie occidentali con un acceso dibattito. Sempre nello stesso periodo, il nazionalismo greco ottocentesco cercava di coniugare una visione liberale e occidentale di stato greco e l'Ortodossia, che invece è sempre stata - nel mondo ellenofono - universalista e imperiale. Purtroppo per i greci di allora, il Patriarca Ecumenico e l'elite fanariota erano tremendamente filo-ottomani e arrivarono a condannare anche l'indipendentismo greco. Da lì, la necessità di una Chiesa greca "nazionale" separata dal patriarcato, che si concretizzò nel 1833, circa dodici anni dopo l'indipendenza dello Stato elleno. Chiese nazionali nei paesi liberati dai turchi nascono fra XIX e XX secolo, non sempre pacificamente. Lo scisma greco-bulgaro si è consumato solamente nel 1945. In tutto questo, il clero era provato da una chiara mancanza di formazione, tant'è che la santità del Settecento e dell'Ottocento ci sorprende con tante figure di monaci riformatori come, oltre al già citato Cosma d'Etolia, abbiamo il santo Paisio Velicikovskij, responsabile della rinascita dei monasteri in Moldavia e Ucraina, e sant'Ignazio Brianchaninov, dotto monaco russo che si dedicò allo studio della scienza occidentale e dedicò parte delle sue opere in discettazioni su questioni morali, spirituali e sociali del suo tempo - ancora oggi attuali. Si percepiva bisogno di rinnovamento fra i ranghi del clero, purtroppo sottoposto a persecuzione nei paesi finiti sotto il comunismo nella prima metà del Novecento. 

Arriviamo dunque ad una storia del sacerdozio contemporaneo. La caduta dei regimi comunisti ha permesso una rinascita della Chiesa in territori creduti perduti. La fede è rinata, la Luce è tornata a splendere.  Il sacerdozio nell'Ortodossia è adesso dato a uomini anche giovani, ma comunque formati in parrocchia o - sempre di più - in accademie teologiche delle Chiese Nazionali. La formazione di stampo occidentale ha preso il sopravvento nella pratica corrente della Chiesa Ortodossa, e con essa purtroppo hanno fatto capolino anche l'occidentalizzazione e l'ecumenismo. Confidiamo che la Chiesa non si lasci inquinare troppo dal modernismo imperante dei giorni nostri. 

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NOTE E BIBLIOGRAFIA

1) Clergy in XVII and XVIII centuries' Russia, padre Ivan Belliustin, risorsa online

2)  Becoming a Priest, The Appointment and Ordination of Priests in the Orthodox Church in Ukraine in the Eighteenth Century, Orientalia Christiana Periodica, 69 (2003) : 125.

3)   П. Левицкий, “Прошлое переяславского духовного училища [P. Levitskii, The past of the Periaslavl´ seminary],” Киевская Старина, 8, vol. 24 (1889) : 438‑444.

Freeze, Gregory L. The Russian Levites: Parish Clergy in the Eighteenth Century. Cambridge, Mass., and London, 1977.

Kollmann, Jack E., Jr. "The Stoglav Council and Parish Priests." Russian History/Histoire Russe 7, parts 1–2, (1980): 65–91.

Pospielovsky, Dimitry. The Orthodox Church in the History of Russia. Crestwood, N.Y., 1998.

Paroulakis, Peter H. The Greek War of Independence,  Hellenic International Press 1984

Politiques d’héritage culturel, Grecs Stambouliotes et le Patriarcat de Constantinople à la fin du xixe s., Merih Erol, risorsa online


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